Di Michele Monteleone
È disponibile in digital download l’ultima fatica di Jason Statham: SHARK – IL PRIMO SQUALO. Nel film il nostro eroe si scontra con un gigantesco megalodonte, come un vero re del cinema action. Mi è stato chiesto di ripercorrere la carriera dell’attore inglese e io ho risposto alla chiamata con l’entusiasmo proprio di uno dei fan di quella faccia da schiaffi di Jason.
Jason Statham non è il solito eroe senza macchia, non ha la faccia rassicurante da ragazzino del giovane Van Damme, né è un colosso granitico tanto grande da apparire quasi irrealistico come Shwarzenegger. Non ha l’aspetto del superuomo, ma appena si muove è chiaro a tutti che non è neanche l’uomo comune che diventa eroe per caso come Bruce Willis. Si capisce appena parte l’azione che non è arrivato per caso sul set, che le sue doti atletiche sono straordinarie e che ha l’abnegazione e la voglia di osare gli stunt più pericolosi che contraddistingue gente come Tom Cruise. Ma non è neanche paragonabile al gigante più basso di tutta Hollywood. Ancora una volta è il suo viso a tradirlo. Ha una faccia da pub, il naso piatto di uno che sembra aver preso la sua dose di pugni e lo sguardo di chi si è scolato il giusto quantitativo di birre da poter essere pericoloso. La barba sono anni che gli cresce solo la mattina, è l’unica spiegazione al fatto che sembra costantemente sfatto, appena sveglio e già di pessimo umore. Ha un fisico asciutto, un sacco di peli come i veri uomini e i muscoli allungati di chi l’unica attività che conosce è quella aerobica. Non ce lo vedi in una palestra incastrato in una macchina a tirare su e giù pesi sotto la luce del neon e l’apparenza corrisponde all’essenza in questo caso. Infatti è stato nella squadra inglese di tuffi e anche se non è mai arrivato alle olimpiadi ha avuto la sua dose di glorie. Da ragazzino, come ogni buon inglese, ha giocato a calcio e lo ha fatto al fianco di uno dei giocatori più “cattivi” di sempre: Vinny Jones (non è un’iperbole, Vinny detiene tutt’ora il record per l’espulsione più rapida di sempre a tre secondi dal fischio d’inizio per aver atterrato un giocatore avversario).
Due facce come quelle di Vinny e Jason sono un richiamo irresistibile per Guy Ritchie che li sceglie entrambi per il suo lungometraggio di debutto del 1998, Lock & Stock. Il film lancia le carriere di tutti e segna un’importante passaggio per quella di Statham. Infatti il suo primo ruolo non è propriamente nei panni dell’action man, non è il suo fisico, la sua agilità e velocità a fargli guadagnare la parte. È quella faccia da avventore di pub e la sua capacità di essere minaccioso e affascinante nello stesso momento. Il film è incastrato perfettamente tra crime e commedia e Jason dimostra da subito un’innata propensione anche per un registro ironico. Citando le immortali parole di una mia collega all’università: “Con Statham non potrebbe mai essere amore, non gli farei mai guardare i bambini o portare giù la spazzatura, ma sono certa che avrei bisogno di settimane per riprendermi da una notte con lui”. Il suo aspetto sporco e cattivo, ma anche la sua capacità di muoversi su più registri attoriali lo conferma come pupillo di Guy Ritchie che se lo porta appresso per il suo secondo film nel 2000, Snatch. Nel film il nostro divide spesso la scena con Brad Pitt che, oltre a essere uno degli uomini più belli al mondo, è anche in grado di rubarti la scena in un attimo, troppo spesso ci si scorda di quanto sia mostruosamente bravo (ma vi perdono, effettivamente è bello da far schifo). Jason sorpassa anche questa prova dimostrandosi all’altezza, è un attore vero, forse destinato per sempre al type casting, ma sono lontani i tempi in cui danzava con una mutanda leopardata per una pubblicità (true story).
La sua carriera prosegue con ruoli da comprimario in film di genere dalle fortune alterne come The One e Fantasmi da Marte di Carpenter, ma la vera svolta arriva nel 2002 con l’inizio della saga di The Transporter. È Luc Besson che produce e scrive il film, ma che soprattutto intuisce le potenzialità di Statham come puro attore action. Il francese ha questo dono, vede cose che agli altri sfuggono e riesce a tirare fuori personaggi dagli attori meno probabili (nel 2008 sarà lui a avviare l’improbabile carriera action di un signore del cinema come Liam Neeson con Taken). Ma tornando al nostro Jason, il film gli viene cucito addosso come il completo scuro che indossa per tutte le riprese, anche se, a giudicare dalla spericolatezza degli stunt è evidente che di completi uguali la sartoria ne ha dovuti preparare parecchi. Infatti tutta la pellicola è caratterizzata da scene d’azione in cui la fisicità del nostro viene continuamente esaltata e Statham non si fa certo parlare dietro. È lui in ogni scena, non si può barare quando ci sono così pochi stacchi e la camera è posizionata tanto distante. L’attore inglese posiziona la sua seconda pietra nella costruzione del mito, dopo la faccia, anche il corpo di Jason diventa tesoro nazionale. Si muove con tanta agilità da sembrare una ballerina, ma non ha i vezzi di un Van Damme, né è duro e fermo come Stallone, è quella via di mezzo che ti fa sospettare che sia davvero pericoloso, che ti fa credere agli stunt più assurdi. The Trasporter si trasforma in una trilogia che attraversa la carriera di Statham dai primi anni del 2000 fino al 2008, ma nel mezzo ci sono tanti altri film, soprattutto di medio basso profilo e uno di profilo bassissimo, con pochi soldi in ballo, ma uno script che sembra fatto apposta per lui.
È il 2006 e Crank è il film che non si aspetta nessuno, ma che è destinato a diventare un cult. I due registi Mark Nveldine e Brian Taylor non hanno un curriculum da vantare, hanno davvero due spicci (11 milioni di budget), per un film action che sembra impossibile girare con così poco, ma hanno una buona idea e la faccia di Statham che ci si sposa come il proverbiale cacio sui maccheroni (che schifo). Il personaggio di Statham è Chev Chelios un assassino inglese che vive a Los Angeles dove finisce per essere avvelenato. Per rimanere vivo e non far fermare il cuore, Chelios è costretto a mantenere costantemente alto il livello di adrenalina. E qua entra in gioco la persona giusta al momento giusto, perché quando Chelios inizia a pippare, provocare risse, scopare in mezzo alla strada e continua a correre come un pazzo per tutta la durata del film, hai bisogno di una faccia da pub come quella di Statham per far sì che il pubblico continui a credere a quello che giri e il ragazzone inglese, con quella sua faccia da figlio di una mignotta segna un centro perfetto.
Il personaggio di Statham alla fine della storia cade da un elicottero spiaccicandosi sul tetto di una macchina, ma la morte non è certo un problema per i due registi che tirano fuori un copione perfetto per il seguito Crank: high voltage alzando ancora di più una posta che sembrava al limite e segnando definitivamente la consacrazione di Statham come eroe del genere.
Con ben due saghe action sotto la cintura e svariate altre parti di rilievo in cui continua a dimostrare di essere un gran bravo attore, non stupisce che arrivi una chiamata dall’alto. Infatti quando Sylvester Stallone, che prossimamente vedremo in CREED II, deve mettere in piedi il suo dream team per girare I Mercenari, raggruppa il meglio delle vecchie glorie e sceglie tra le “nuove” leve proprio il nostro Statham. Nel film di Sly, Jason non ha un ruolo marginale, ma finisce per fare il braccio destro del nostro, il ruolo diventa un attestato di stima da una delle leggende del cinema di genere, non un passaggio di testimone considerato che Stallone continua a calcare il palco con decisione, ma un ponte che unisce due generazioni e lo fa premiando la caparbietà e professionalità di Statham.
Subito dopo il suo giro di giostra con gli expendables, Statham viene chiamato al ruolo in cui forse lo preferisco in The Mechanic. Il film è un remake dell’omonimo film del 1972 che vedeva Charles Bronson come protagonista e che crea un altro parallelo importante per la carriera di Statham. Infatti nei panni del sicario Arthur Bishop, sembra trovare la sua dimensione perfetta, a metà tra action e crime, e lo spettro di Bronson stavolta pare proprio consegnargli un bel testimone in una staffetta fatta di tipi un sacco duri, ma affascinanti, un po’ malinconici e tanto incazzati. Il film, girato da Simon West mantiene un invidiabile equilibrio, e un crime sobrio e solido in cui Statham ha il tempo di recitare e di menare le mani con un certo stile. La striscia positiva fatta di ottimi crime prosegue con altre due belle prove in Blitz e Killer Elite (in cui ha uno stunt, legato a una sedia, che è da storia del cinema), ma al nostro serve un ruolo di spicco, è ormai il capolista nella sua divisione, ma inizia a stargli stretta.
Nel 2013 manca clamorosamente un’occasione con Parker. Sono anni che vengono fatti film ispirati al personaggio di Richard Stark usando i nomi più improbabili per proteggersi dal copyright e ora che finalmente possono usare il nome giusto, il film in cui Statham viene chiamato a vestire i panni di uno dei criminali più famosi della letteratura pulp, fa acqua da tutte le parti. Non è colpa del nostro, sembra proprio che non siano in grado di mettere a punto lo script per farlo sentire a suo agio e l’occasione di vestire i panni di un personaggio importante sfuma. Ma Statham ormai ha messo il piede nella porta e, lo stesso anno, appare nella sequenza finale del franchise più solido della storia del cinema: Fast & Furious.
Nel 2013 veste i panni del fratellone incazzato nella scena post credit di Fast & Furious 6 e poi nel 2015 torna nel settimo episodio della saga. Gli viene assegnato il ruolo che si merita, un cattivo duro e spietato che entra in scena con una carneficina e ne esce dopo aver tenuto testa a un Vin Diesel in gran spolvero, portandosi a casa un paio di catch phrase niente male e il personaggio di Deckard Shaw che pare l’unico vero pericolo per la Famiglia di Toretto. E il pericolo si fa di altro tipo quando in The Fate of the Furious, l’ultimo capitolo dedicato alla famiglia più unita della storia del cinema, insieme a Dwayne Johnson nella parte dell’agente Hobbs, finisce quasi per rubare la scena alla vera star del film, Vin Diesel. E la sensazione non deve essere stata solo mia perché nel 2019 è prevista l’uscita proprio dello spin-off Hobbs & Shaw dedicata ai personaggi dei nostri due che sembra essere la prossima grande occasione di Statham per lasciare il suo nome scritto nella leggenda del cinema d’azione.
Un duro con la faccia da duro, agile come una libellula e potente come un camion che ha ingranato la prima, è così che mi immagino Statham, costantemente con la guardia alzata e pronto ad affrontare a testa bassa ogni sfida che gli si presenta. È il proletario del cinema action, uno che non ha mai avuto mai nulla di regalato e che si è costruito con fatica il suo spazio, ma che penso sia ormai in rampa di lancio (da anni ormai) e, che dopo il successo al botteghino di SHARK – IL PRIMO SQUALO, la sua ascesa si sia fatta ormai inarrestabile. Non vedo l’ora di vedere cosa gli riserva il futuro, ma il fatto che ci aspettano molti altri film con il mio coatto inglese preferito, mi rassicura molto!
Potete scaricare la vostra copia digitale di SHARK – IL PRIMO SQUALO cliccando sui seguenti link:
iTunes: https://goo.gl/YBxTU6
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Chili: https://goo.gl/1RM86c
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